Domaine de Fontchêne: una rivoluzione silenziosa nel nord della Provenza

 


 Réné Milan, fondatore e proprietario del Domaine de Fontchêne, ha meno di 30 anni. Ha fondato il domaine nel 2013 e per tre anni si è occupato unicamente di migliorare la qualità dei vigneti, operando una drastica conversione all'agricoltura biodinamica. Per tre anni non ha prodotto vino, convinto che le vigne, ancorché piantate tra il 1960 e il 1980, non fossero ancora pronte per dare un vino come lo voleva lui. La sua prima vendemmia imbottigliata risale al 2016.

Dai circa 10 ettari di proprietà produce circa 40.000 bottiglie, suddivise in 4 vini: due bianchi, un rosé, ed un rosso. 

Ancorché giovanissimo e installato da poco in una denominazione poco conosciuta fuori dalla Francia (IGP Alpille), Réné produce vini ricercatissimi dai migliori ristoranti francesi e già difficili da trovare. 

Réné è un giovane ambizioso e dalle idee molto chiare.
Una politica agronomica all’avanguardia basata sulle ultime scoperte in termini di potatura e impianto, rigorosa selezione massale per aumentare la varietà dei ceppi e preservare la biodiversità, divieto totale di diserbanti, gestione delle vigne secondo i dettami della biodinamica, rese ridotte per aumentare la qualità. Si tratta di scelte molto radicali in termini sia di costi che di tempi di gestione. In questo va ravvisata una visione ambiziosa e di lungo periodo ed una volontà senza compromessi di ricerca dell’eccellenza.

 

 

In cantina il lavoro di Réné è altrettanto rigoroso: vinificazioni separate per tutti i vitigni, lieviti indigeni, uso moderato del legno, ricorso molto ridotto ad interventi di rimontaggio e follatura, vinificazioni lunghe. Il vino viene fatto unicamente con il succo estratto dalla prima pressatura. Ci sono tutti gli ingredienti per capire che Réné andrà molto lontano.



 

 

 

Il vino di punta si chiama Aupiho, è un bianco prodotto con vitigni tipici del rodano: Roussanne, Marsanne e Grenache Blanc, ma in uno stile dichiaratamente borgognone.  E’ intrigante perché i profumi richiamano i sentori tipici di questi vitigni più mediterranei: tiglio, acacia, ginestra, mentre al palato sfodera una tensione vibrante che è raro trovare a queste latitudini. Il tutto con un leggero tocco di élevage borgognone che gli dà grandissima eleganza. 

Un vino di gastronomia da accompagnare a piatti di pesce importanti o carni bianche.

 

Réné fa anche altri tre vini, la cui vinificazione in inox (anfore a partire dal 2022) regala una freschezza e una pulizia incredibili.

 


 

 

Il Léon rosso è a base di merlot e tre vitigni autoctoni (cinsault, syrah, mourvèdre). L'ho trovato strepitoso per freschezza e concentrazione. Un vino che si gioca su un difficile equilibrio tra materia e leggerezza. Se per me il vino è già perfetto da bere ora, ssecondo Réné ha ancora bisogno di almeno un altro anno di affinamento in bottiglia.  Se ne riparlerà quindi nel 2023.
 

 

 

 


 

Il bianco ‘Les Antiques’ è a base di Grenache, Clairette, Marsanne e Chardonnay ed è caratterizzato da una bella tensione, freschezza, mineralità e persistenza in un allungo tagliente. Vinificato in acciaio come gli altri compagni di questa serie. Alla base ci sono le stesse uve con cui si produce l'Aupiho.
 

 

 

 


 

 

Il Léon rosé (Grenache, Cinsault, Mourvèdre) è una bellissima interpretazione di questo classico vino provenzale, con note intensamente fruttate ma tanta delicatezza e finezza.
 

 

 

 

 Tutti e tre i vini di questa linea sono caratterizzati da grande precisione stilistica, attenzione alla freschezza e alla bevibilità.
Se l’Aupiho è un vino da lasciar affinare un po’, gli altri vini sono pensati per un consumo a più breve distanza, vinificati in acciaio per preservare il frutto e la freschezza.

 


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